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Un abbraccio, a volte. Può bastare

Virginia Satir era una grandissima fan degli abbracci. Lei sosteneva che Ci servono 4 abbracci al giorno per sopravvivere. Ci servono 8 abbracci al giorno per mantenerci in salute. Ci servono 12 abbracci al giorno per crescere.

Anche i canadesi sono dei grandissimi fan degli abbracci. Ogni volta che la mia cultura ciociara (non italiana, ciociara) mi spingeva a salutare gli amici d’oltreoceano con i canonici due baci sulla guancia, loro restavano gelati. Di sasso. Quasi imbarazzati. E rispondevano con un abbraccio. Forte.

Io è un po’ di tempo che non sono una grandissima fan degli abbracci. Forse non lo sono mai stata. (No non è vero). O forse, invece, sto diventando sociopatica, il che potrebbe essere più che plausibile.

Mi sto scrivendo addosso. Prendo una birra e fermo il tempo. 5 minuti per guardarmi intorno e cercare conforto tra mura sconosciute che non mi raccontano storie.

Forse è il caso di iniziare a sporcarle di vita. Se solo capissi quale direzione stesse prendendo la mia non esiterei ad incorniciarla su questo muro bianco immacolato. Inutile tormentarsi di domande. Inutile programmare la strada di domani, quando poi non si sa ancora quando e se, mai, ne prenderò una.

Insulso il resto. Fittizio il reale. Quando ciò che servirebbe, ora, a far quadrare tutto… Per sopravvivere… Per mantenerci in salute… Per crescere… Per amicizia, sarebbe solo un lungo, infinito abbraccio. Forte.

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