È un mercoledì sera romano. Diverso da tanti altri che ho trascorso qui a Roma ormai da anni. A farmi compagnia il ricordo di una luna che si è scoperta solo per un attimo in questa fredda serata di ottobre. Di caldo c’è solo la mia fronte e le tonsille che ormai vivono di vita propria tanto sono gonfie. A darmi sollievo una tisana al timo e il ricordo di un incredibile trekking a cavallo. Porto sicuro di mille pensieri che faticano a darsi pace.
Decisione improvvisata e affatto ragionata. Una decisione di pancia, oppure imposta dal destino, quella di avventurarsi in un secondo trekking a cavallo nel giro di dieci giorni. Ma stavolta sarei partita da sola, o meglio con un’amica. A scoprire posti nuovi che mi riportano a casa. Ad incontrare persone mai viste prima. Perché è nelle situazioni più insolite che si fanno gli incontri che ti stravolgono la vita.
Un vecchio detto irlandese recita fra la sella e la terra c’è la grazia di dio. A me verrebbe da dire fra la sella la terra e il cielo della Toscana c’è la quiete dell’anima. Quello che succede una volta inforcate le staffe non è mai facile tradurlo in parole. Le gambe che tremano, la paura di non essere all’altezza e quel diventare tutt’uno con un qualcuno che rinuncia alla sua libertà. Per te.
Si prende confidenza con la sella. Si tira su un bel respiro. Una carezza al proprio compagno di viaggio. Le dita che scivolano nel crine dorato. Un buon trekking sussurrato tra le orecchie, le redini in mano e via che si va.
Compagni di viaggio, compagni di sella
Compagni di viaggio un gruppo vario per così dire. Milanesi, bresciani, toscani e romani si sono incontrati per la prima volta dopo essere saliti in sella in un giorno afoso d’agosto. Qualcuno già si conosceva ma il gruppo era ancora un diamante grezzo. Ad animarlo la curiosità di vedere cosa ci fosse dietro le colline senesi all’orizzonte, di cosa fosse fatta la vita dei compagni di sella. Il desiderio di conoscersi cresceva con le risate viscerali che non ci hanno abbandonato neppure per un attimo.
Il gruppo è misto in questo trekking a cavallo. Un misto di follia e stranezze da far invidia alla fantasia di un elfo. Lauretta, ingegnere riccioluto a portare ordine e disciplina in un gruppo che di ordine e disciplina neanche a sentirne parlare. Domi, la donna dalle mille risorse con il marsupio dalle mille sorprese. Sergione, declamatore ufficiale di poesie romanesche nonché pezzo forte del trekking. Alessandra, che inconsapevole di tutto è riuscita a dare forma verbale agli sbagli dei miei ultimi anni. Roberto, la divisa del trekking a cavallo che per l’occasione ha lasciato appesa al chiodo. Martina, la più giovane e la più matura, con gli occhi del colore del mare e un cuore grande così. A guidarci Andrea, una grossa grassa risata prêt-à-porter e un abbraccio che vale più di mille parole.
Il rumore degli zoccoli sulle pietre bianche…
… Il fruscio dei campi di grano. Il profumo dei boschi. Le prugne al gusto di fiele. I galoppi selvaggi e le lastre di ghiaccio ad agosto. Le discese ardite e le risalite. La collina di farfalle glicine. Le amache nascoste e la ricerca del silenzio. Le acque gelide del fiume. Le distese verdi sotto cieli felici. E quella libertà presa in prestito dai cavalli che ci rende invincibili e non ci molla un attimo. Così passano le giornate, con le mascelle indolenzite, il sole che scotta sul viso, il cuore sereno.
E la sera, poi, ci si ritrova riuniti intorno ad un tavolo a strimpellare note, recitare versi, raccontare di galoppi alla “fate un po’ come hazzo vi pare”. C’è chi suggerisce che tutto s’aribalta e s’aribalta tutto; chi si gioca l’impossibile per una confettura di pomodori verdi; chi vince la briscola della vita e chi perde i pantaloni (ma sempre con dignità).
Si fa presto a dire amici, quando forse con gli amici di una vita certe storie non si immaginano neppure. Una delle mie compagne di viaggio porta con sé, tatuata sul braccio sinistro la frase il caso non esiste. Che sia vero o no, non saprei dirlo con certezza. Ma vi posso dire che se così fosse, dopo un’avventura del genere sono felice di dire: per fortuna.
P.S.
Se vi sfiorasse l’idea di chiudere gli occhi per lasciarvi andare al caso, spero che anche voi riusciate ad arrivare a Pitigliano, nel Maneggio Belvedere.
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