Viaggi

Triacastela-Barbadelo: 6 Tappa del Cammino di Santiago

In un’alba in fiamme ho camminato sulle nuvole, ho seguito il volo dei falchi…

Il sole non è mai così bello come il giorno in cui ci si mette in cammino.

Jean Giono

Sveglia alle 6. Ce la siamo presa comoda oggi. A coccolarci una colazione a dir poco perfetta: una tazza di caffè caldo con una fetta di torta ai semi di carrube. Senza preoccupazioni di glutine perché l’albergue El Beso è attrezzatissimo per i non mangiatori di glutine come me.

Sembra di aver dormito nei letti a castello dei nani. Letti costruiti con tronchi di alberi, lenzuola colorate e una stanza da soli 16 posti. Un sogno. Ma i punti di vista non sono mai gli stessi. Quella notte, la stessa in cui io ho dormito beatamente come un totano spiaggiato, mi dicono essersi verificate situazioni piuttosto bizzarre. In effetti, era tutto scritto sui volti di alcuni pellegrini che guardavano nel vuoto davanti ad un caffè rincuorante…

Una nottata di andirivieni che neanche le formiche in estate con una fetta d’anguria. Ogni sorta di istinto e di impulso, nel senso più lato del termine, sul Cammino è abbastanza incontenibile. L’olandese ha giocato al gatto e al topo con l’albergatrice per l’intera notte; invece Francesca, la Saggia, che proprio saggia saggia non è stata in questa circostanza, presa da una paura folle di cadere dal piano alto del letto, ha deciso di lanciarsi in un triplo carpiato, mancando la scaletta e facendo un volo che neanche Io Tarzan, tu Jane. Alessandra, la Viola, fedele compagna di letto, ha continuato beatamente a dormire (come tutti del resto). E non si sarebbe svegliata neanche se Francesca quel letto lo avesse smontato e rimontato a forma di albero. Di El Beso, sicuramente La Saggia conserva il ricordo di un braccio nero e gonfio che neanche The Rock in Rampage-Furia Animale.

Gli zaini sono finalmente vicino alla porta. Un ultimo caffè e si riparte. In salita piena verso l’Alto de Riocabo (900 m). Ma siamo riposati e non pesa. Prima salita nel bosco, immersi in uno scenario da Signore degli anelli. Una volta in cima, lo spettacolo che quei primi passi ci offrono racconta di un viaggio incredibile.

Quel giorno il sole non è mai stato così bello…

Dalla cima dell’Alto de Riocabo inizia un tratto che svela la Galizia nella sua veste più incantevole.

La Galizia è un cuore che pulsa, un’anima che sussulta ad ogni foglia danzante. La Terra Galega custodisce qualcosa di mistico, intrinseco nel solo fatto che in questo luogo sono state rinvenute le reliquie di San Giacomo. Man mano che ci avviciniamo alla meta cresce l’impazienza, le aspettative, il desiderio di trovare quel tassello che manca. Quando, poi, una volta in porto, ci si rende conto di averlo sempre portato con noi, mascherato da inconsapevolezze e aspettative già appagate. È una verità che la Galizia rivela ad ogni passo. E ci si rende improvvisamente conto di quanto costi arrivare fino in fondo e affidare all’Oceano l’ultimo lembo del proprio Cammino.

Avevo letto da qualche parte che una delle caratteristiche della Galizia è la nebbia in ogni stagione. Camminando per sentieri boscosi, ci avvolge a tratti un velo di organza argenteo. Mi immergo nella natura, sfioro la pelle degli alberi. La rugiada dei campi di grano regala sollievo alle tendiniti che incalzano.

Quando la nebbia si dirada, riesco a sentire il respiro dei profumati rovereti, dei lecceti, dei rigidi castagni. E quei rami di betulle che spifferano alla memoria sogni di montagna. Ma andando avanti riaffiora quella coltre di nebbia a togliere certezze, a ricordarci che la vita non si scorge da lontano, ma è sospinta dalle nostre gambe. Il freddo sul viso è un tuffo nei laghi di maggio. Diamanti d’acqua vibrano nell’aria a ritmo di musica. Il dj è Mattia… Zombie per superare la salita e lasciarsi alle spalle gli ultimi non morti, Don’t you cry per esorcizzare le lacrime del giorno.
Tu, forse non essenzialmente Tu del vecchio Rino.

Con queste note a cullare la memoria, ci dirigiamo verso Montàn. Si scende per Fontearcuda dove una freccia gialla ci informa che siamo a 121,5 km da Santiago. A 21,5 km da Sarrìa, dove il Cammino vero si apre ad un’orda invasata di turisti e devoti improvvisati.

Continuiamo per Furela. Una sosta veloce a Pintìn per un  suco de naranja, dove incontriamo pellegrini familiari con cui scambiare opinioni e consigli. Calvor, Aguiada e San Mamede sono i prossimi paesini che attraversiamo sul Cammino. Non sono pochi i tratti in salita, ma un passo alla volta si va ovunque.

Tra siepi e campi di grano, in lontananza, si vede Sarrìa, a circa un’ora seguendo la strada asfaltata.

Sarrìa: 100 a Santiago!

Per chi fosse incuriosito da un luogo tanto menzionato, è possibile concludere la tappa giornaliera anche qui, cogliendo l’occasione di visitare la città e cercando relax tra i comfort moderni.

Moltissimi pellegrini iniziano il Cammino proprio da Sarrìa, perché è la prima città utile per ottenere la Compostela. A 115 km da Santiago, Sarrìa offre la possibilità di avere tra le mani, in soli 5 giorni di cammino, quel tanto ambito documento rilasciato dall’Oficina del Peregrino. Ma quanto c’è del Cammino in quei 115 km? Forse solo una parvenza di ciò che può darti quella strada d’Europa se conosciuta meglio.

Iglesia Santa Marina de Sarria, Plaza de Juan Maria Lopez

Ad ogni modo, noi ovviamente che di comfort neanche a parlarne, abbiamo deciso di spingerci qualche chilometro oltre Barbadelo, quello che era un antico insediamento celtico. A 106,8 km da Santiago per esattezza. Ma non prima di una doverosa tappa in farmacia per acquistare la vita: due cavigliere che sono diventate la mia seconda pelle fino all’Oceano.

Dopo aver camminato le prime 4 ore, nel dare uno sguardo alla guida, si ha l’impressione di essere arrivati alla meta del giorno. Quella breve linea nera sulla mappa, nella realtà è sempre più lunga di quanto appaia su un foglio bianco. C’è, poi, la stanchezza del giorno, il caldo, i muscoli indolenziti che strepitano e le tendiniti che mettono a dura prova la forza di volontà.

I boschi della Galizia

Il Cammino sprofonda di nuovo in un bosco fitto, che si apre per circa 1 km ad una ferrovia suggestiva. Nella testa la melodia di uno dei film più belli in assoluto: Pomodori verdi fritti – alla fermata del treno e la favola del Lago in Georgia…

Una natura umida e oscura, quasi severa, ci accompagna su salite ripide nell’ultimo tratto prima di Barbadelo. È il pendio più arduo di quella tappa. Ad aggravare la situazione la scomparsa momentanea della Viola, a cui ho pensato fosse successo qualcosa dal momento che al richiamo del mio “Aoooo” non è giunta alcuna risposta.

Ma sul Cammino non si torna mai indietro. Sul Cammino non si aspetta nessuno. Ognuno ha la sua strada da seguire, con i suoi tempi, i suoi ritmi, le sue storie e note nella testa. Ero certa che ce l’avrebbe fatta… E poi, sì che siamo pellegrini e che Santiago si affronta con spirito parco e umile ma il nuovo mondo ci ha fatto un dono: il cellulare. Un colpo di telefono per sapere se fosse tutto ok e un ruggito di risposta a confermarmi che, nella peggiore delle ipotesi, avrei trovato La Viola azzannare un cinghiale alla giugulare.

Immersa in rovereti che sussurrano storie di elfi, vedo la fine di quel pendio interminabile. Un ultimo passo e mi ritrovo su un altopiano dai toni dorati. Un campo di grano selciato che mi avrebbe portata dritta a Barbadelo. A guidarmi la danza di tre falchi pellegrini, che volano insieme slegati dall’impossibilità di essere loro stessi.

Quando si è stremati ma si ha voglia di arrivare alla meta, si cerca di “tirare avanti” il più possibile. La pensata (non troppo geniale) è di arrivare per pranzo all’albergue prefissato: Molino de Marzan. Un albergue privato con 16 posti, sperduto in un bosco a circa 3 km oltre Barbadelo.

La sorpresa è stata, una volta entrati al Molino, di non trovare nulla per pranzo. Perché il Molino ci avrebbe riservato solo la cena, e per di più vegetariana. Le aspettative di trovare il così tanto atteso menu del pellegrino sono state tradite dal tono fermo dell’albergatrice: aquí solo tenemos servicio de desayuno y cena. Solo cena e prima colazione ma nessun servizio per il pranzo. Certe cose le guide dovrebbero specificarle, per evitare che qualche pellegrino commetta atti di cannibalismo dettati da una crisi di nervi.

La consolazione è una stanza di soli 16 posti letto, ben due bagni e un gradevolissimo giardino dove bivaccare. Obiettivo è dimenticare il ruggito dello stomaco e cercare di capire dove Eduardo, il potenziale serial del cammino incontrato a Triacastela, fosse passato per arrivare lì prima di noi. Non escludo la pista Taxi del pellegrino affranto e furbacchione.

Il Molino de Marzan è un’oasi di relax. 16 posti occupati da pellegrini conosciuti lungo il Cammino. Forse è stata la prima volta in cui non ho avvertito il “disagio” di dormire con perfetti estranei.  A Molino ci sono proprio tutti (o quasi). Roxanne con un suo amico, Eduardo, e l’intero gruppo dei “pellegrini del Nord”, anche loro incontrati e unitisi lungo il viaggio.

Sul cammino ci si perde e ci si ritrova

Un menu vegetariano che lì per lì mi ha fatta vacillare, ma che si è concretizzato in una cena fantastica. Un gruppo di americani, decisamente in ritardo sulla tabella di marcia, hanno cercato disperatamente di essere ospitati a Molino. Ma con scarsi risultati. Ogni letto ha già il suo zaino. Ogni pellegrino un tetto sulla testa, almeno per quella notte. La chiara dimostrazione che da Sarrìa in poi, vi consiglio vivamente di chiamare l’albergue che più vi è consono.

I giorni del carpe l’albergue che ti ispira di più sono finiti. La civiltà è sempre più vicina e noi non possiamo fare altro che tornare a farne parte. Prima di mettervi in viaggio, o meglio ancora la sera, studiate bene la guida, stabilite i chilometri del giorno e scegliete l’albergue in cui sostare. Ma, cosa imprescindibile, chiamate per prenotare il posto letto. Cercate, poi, di partire prima che sorga il sole: avrete dalla vostra la frescura del mattino.

D’ora in poi, sul cammino si avverte il fantasma del ritorno. Il ricordo del mondo da cui proveniamo, che si palesa nel numero sempre più cospicuo di pellegrini in viaggio. Alla voglia incontenibile di entrare trionfanti a Santiago, si affianca la consapevolezza che pochi giorni e tutto sarà finito. La malinconia di svegliarsi da quel sogno inizia a bussare nelle nostre coscienze.

L’arrivo è sempre più vicino ma…

Non si è mai pronti per quello che ci aspetta (James Mitchell)

Il mio Cammino di Santiago giorno per giorno…

#1 giorno: Astorga-Foncebadon

#2 giorno: Foncebadon-Ponferrada

#3 giorno: Ponferrada-Villafranca del Bierzo

#3 giorno: Villafranca del Bierzo-Trabadelo

#4 giorno: Trabadelo-O’Cebreiro

#5 giorno: O’Cebreiro-Triacastela

#7 giorno: Molino-Ventas de Narón

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