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Only the Brave: alla fermata del treno

Sono ormai un paio di giorni che ci rifletto su. Il che supera ogni mia aspettativa dal momento che ultimamente sono affetta da un calo dell’attenzione pari a quello di Flavia Vento. Insomma, dicevo, sono due giorni che rifletto su un fatto a mio gusto increscioso: il romanticismo è morto o ce l’hanno portato via?

Tutto è iniziato da quando abbiamo smesso di fare le “compilations” sulle cassette a nastro, registrate quando passavano le canzoni su Per un’ora d’amore con Subasio. Quasi ci ammazzavamo, ogni volta, per premere in tempo Rec e conquistarci la canzone. Naturalmente, nella migliore delle ipotesi, le canzoni erano mozzate della prima strofa. Ma il chorus c’era. Quello che contava c’era.

E poi niente, la scorsa settimana, accompagnando un’amica alla stazione Termini per prendere il treno di ritorno a Milano, mi sono soffermata su quelle oscene barriere-sicurezza, montate per rafforzare i controlli di accesso ai binari. Così, dicono, “si riescono a controllare tutti coloro che, muniti di biglietto, si appropinquano al treno”. In questo modo, dicono, “si scoraggiano possibili attentatori che vestiti di tritolo decidono di farsi un giretto in treno verso l’infinito e oltre”.

… (momento di dubbiosa riflessione)…

A parte il fatto che ai treni si accede anche dai sottopassaggi dove sono quasi totalmente assenti i controlli di sicurezza. E a parte che si creano file infinite per controllare ogni biglietto, qui il problema è molto più grave. Qui si sta impedendo agli ultimi romantici di correre verso il binario per confessare i loro sentimenti alla metà della mela. No quella che si mangia eh.

Ora, per carità, comprendo la paura del terrorismo piuttosto fondata, però qui per fermare dei folli vi siete trasformati voi stessi in killer. Avete ucciso sul nascere qualsiasi slancio di passione urlato a squarciagola per vincere il fischio del capostazione.

Sorvoliamo per un momento sulla coglionaggine degli uomini nell’aver omesso la faccenda sentimentale (che lo sappiamo bene quanto brocchi sono), però così gli smorziamo quel minimo pensiero di dichiararsi. E già si fa una fatica immane per cavargli dalla bocca due paroline romantiche, se gli leviamo pure la possibilità di farlo durante un treno in corsa è la fine.

Sì, perché magari le palle ce la fanno a recuperarle per gridare Ti amo mentre il treno parte. Che poi si corre il rischio di non sentirlo è un altro conto. A noi donne sta bene tutto, anche far finta di capire ti amo quando poi magari ti hanno detto ti chiamo o ti chiavo (cosa più probabile). Noi signore accettiamo tutto, non siamo mica schizzinose. Però cari miei, se ci private anche di questa lontana possibilità come si fa?

Non dimentichiamoci che Robert De Niro e Meryl Streep si sono innamorati su un treno (dal film Innamorarsi)…

https://youtu.be/L6Q61UdVodw

Per non parlare, poi, nella migliore delle ipotesi, se decidono di prendere quel treno con te. Lasciare tutto a terra per salire in carrozza. E volare su quei binari alla velocità di 300 km orari per bruciare tutte le tappe e ritrovarsi insieme su un treno da sempre atteso.

Stesso discorso per il ritorno. Nessuna sorpresa alla fermata del treno di trovare qualcuno con un cartello con su scritto il tuo nome e un fiore in mano che aspetta solo di finire tra le pagine di un diario.

Fanny Flagg ha scritto un romanzo dal successo colossale sulla fermata di un treno (libro che vi consiglio vivamente: Pomodori Verdi Fritti al Caffè di Whistle Stop). Se siete pigri, invece, potete guardare direttamente l’adattamento cinematografico di Jon Avnet, Pomodori Verdi Fritti alla Fermata del Treno). In entrambi i casi ne la pena.

E che vi devo raccontare di quelli che corrono fino al finestrino per sfiorargli la mano l’ultima volta prima del fischio del treno? Una corsa sfrenata fino alla carrozza per lanciargli un primo sguardo. Uno di quelli che raccontano un sogno; poi un secondo, che reclama una speranza; e ancora un terzo, che confessa un futuro verso cui incamminarsi insieme. Che tre sguardi così, signore mie, valgono più di mille parole.

All’ultimo romantico allora dico che, qualora avesse ritrovato sotto qualche comodino i suoi attributi, non deve lasciarsi scoraggiare dai gate. Mettesse mano al portafogli e comprasse un biglietto.

Ma consiglio di farlo quanto prima, senza aspettare che Lei salga sul treno. Che poi se quel treno parte, e non avete fatto in tempo a prenderlo, c’è la possibilità (anzi la certezza) che non ripassi più. E quello che vi resta è solo una scia di bei ricordi, che se pure trovano il coraggio di andare oltre restano bloccati al gate di Termini.
Il biglietto che lei aveva fatto era di Solo Andata.

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